“Ero seduta nei posti davanti, vicino all’autista del bus. Quest’uomo brizzolato, con un po’ di barbetta e occhi chiari, si è messo accanto a me. Ha cominciato a fissarmi, a ridere, avvicinandosi sempre più e soffiandomi sui capelli”.
Inizia così il racconto di una 35enne che questa mattina è salita sul bus 30 a Ceglie del Campo. “Ha continuato così per una decina di minuti. Mi soffiava addosso, mi guardava e rideva, mi annusava i capelli – le sue parole a La Repubblica -. Più mi allontanavo da lui e più sentivo il suo fiato addosso. Ha proseguito fino all’intervento degli altri passeggeri: gli hanno detto di fermarsi e, solo a quel punto, ha deciso di scendere dal bus”.
“Non riuscivo a togliermi il suo fiato di dosso. Mi sono sentita violata, sporca – ha aggiunto -. Quando mi si è avvicinato non sapevo cosa fare. Ho cercato di temporeggiare, ma ha insistito. Quando l’uomo è sceso dal bus, ho sentito il bisogno di pulirmi le braccia. Mi ha ansimato e soffiato addosso. All’inizio ho temuto anche che fosse solo una mia impressione ma quando ho visto la reazione degli altri passeggeri, ho capito che non era tutto nella mia testa. Mi sono sentita protetta e ho tirato un sospiro di sollievo”.
“Non possiamo ancora avere paura di camminare per strada a qualsiasi ora del giorno e della notte. Sicuramente non sarò né la prima né l’ultima, ma è arrivato il momento di farci sentire prima che accadano le tragedie – conclude -. Mi ricordo quello sguardo e l’odore del fiato sui miei capelli. Se lo dovessi rivedere, saprei come comportarmi. Oggi sono stata zitta, perché ero spaventata, ma d’ora in avanti sarò più preparata. L’unica cosa che possiamo fare è parlarne, perché tutto ciò non è normale”.

