Tragedia a Vieste dove una donna è morta per strada per un presunto caso di malasanità. A raccontare l’accaduto è il figlio a Rete Gargano. “Mia madre stava male. Ho chiamato il 118. Mi è stato detto che tutte le ambulanze di Vieste erano occupate – spiega -. Dovevamo aspettare quella di Peschici. Poco dopo, è proprio l’ambulanza di Peschici a chiamarci: ‘Portatela voi al pronto soccorso di Vieste’. Mia sorella, nel panico e nella disperazione, carica nostra madre in macchina e la accompagna. Al pronto soccorso iniziano a visitarla. Ma attenzione: non c’è un medico. Nessun medico ha messo le mani addosso a mia madre”.
“Solo una valutazione superficiale, tanto da suggerirci di tornare il giorno dopo, con calma, se fosse peggiorata. Una frase che pesa come un macigno, oggi. Dopo un’ora, chiamo mia sorella. Mi dice che sono ancora a Vieste. Nessun trasferimento. Nessuna ambulanza. Nessuna urgenza, secondo loro. Sta partendo lei, di nuovo, per portare nostra madre a San Giovanni Rotondo, da sola, di notte, con nostra madre in gravi condizioni racconta -. Chiamo il pronto soccorso di Vieste per chiedere spiegazioni: ‘Non c’era bisogno – mi dicono – Abbiamo tante chiamate. Sua madre non è grave’. Venti minuti dopo, mi richiama mia sorella. Piange. Urla. Mamma non respira più. La morte è arrivata. Lungo una strada, nei pressi di Baia delle Zagare. In mezzo al nulla. Una madre, una donna, un essere umano è morta sull’asfalto”.
“Mia sorella ferma un’auto in transito, cerca aiuto, riescono a chiamare di nuovo il 118. Questa volta arrivano due ambulanze: una da Manfredonia, una da Mattinata. Due ore di tentativi disperati di rianimazione. I medici fanno il possibile. Ma è troppo tardi. Mamma muore a terra – conclude -. Nella notte. Una morte che grida vendetta Non si può morire così. Non si può morire perché non ci sono ambulanze. Non si può morire perché al pronto soccorso di Vieste non c’è un medico. Non si può morire perché qualcuno ha deciso che non era grave senza nemmeno una visita degna di questo nome. Non si può accettare che una famiglia debba scegliere tra aspettare un’ambulanza o rischiare la vita di una persona cara portandola da sola. Chi è responsabile di questa tragedia? Dove sono i dirigenti sanitari? Chi doveva garantire il servizio di emergenza? Chi ha deciso che mia madre poteva anche morire? Questa non è una storia come le altre. È una denuncia. E deve diventare una battaglia. Per mia madre. Per tutte le persone che vivono nei territori dimenticati. Per chi ha diritto a una sanità che funzioni sempre, non solo quando fa comodo. Perché nessuno, mai più, deve morire in mezzo a una strada”.

