Svolta nell’inchiesta sulla morte del piccolo Enea, il neonato deceduto al Policlinico di Bari a soli 13 giorni dalla nascita per un’infezione nel 2022. Secondo quanto stabilito dai consulenti nominati dal Tribunale civile di Bari il piccolo, nato prematuramente a sette mesi, ha contratto il batterio escherichia coli dopo essere venuto al mondo.
La mamma era infatti risultata positiva al batterio escherichia coli durante la gravidanza, ma al momento della nascita il piccolo stava bene. L’infezione è stata diagnosticata dopo quasi 10 giorni di ricovero e il batterio è risultato essere di un ceppo diverso da quello della madre. L’infezione, secondo i periti, è da ritenersi nosocomiale.
“Laa presenza di un patogeno con profilo di resistenza ‘nosocomiale’ permette di ritenere che le procedure di prevenzione delle infezioni nosocomiali non siano state pienamente rispettate”, si legge nella relazione, e “tale infezione, per le sue caratteristiche microbiologiche e modalità di presentazione, è da ritenersi una infezione nosocomiale, ascrivibile a inadeguata osservanza delle misure di prevenzione delle infezioni nosocomiali. Tale infezione, nel caso concreto, sarebbe stata prevenibile con l’adeguata osservanza di misure di prevenzione delle infezioni”.
D’altro canto, spiegano i periti, “nulla può essere imputato ai sanitari in termini di tempestività della diagnostica, del supporto delle funzioni vitali e della terapia antibiotica al momento del verificarsi di tale episodio settico, ovvero nelle fasi precedenti allo stesso”, e dunque la morte del piccolo “è interamente imputabile alla gravità stessa dello shock settico e non a inadeguata cura prestata dai sanitari”.
I medici provarono a salvarlo, ma morì per uno shok settico. Le strade per la conclusione della vicenda sono ora due: il risarcimento dei danni da parte del Policlinico di Bari nei confronti dei familiari di Enea o l’instaurazione di un processo civile. I genitori del piccolo sono stati assistiti dall’avvocato Andrea Marzorati.

