Torniamo ad occuparci della storia del neonato trovato morto, la mattina del 2 gennaio, nella culla termica della chiesa di San Giovanni Battista di Bari. Nelle scorse settimane è stata confermata l’accusa di omicidio colposo nei confronti del parroco, don Antonio Ruccia, e del tecnico Vincenzo Nanocchio, che installò la culla nel 2014 e lo scorso 14 dicembre, a seguito di alcuni blackout, ne cambiò l’alimentatore.
Secondo quanto ricostruito dalle indagini il piccolo era vivo quando fu lasciato lì – decisivo il ritrovamento di urina nella culla – e morì per ipotermia, in un lasso di tempo tra le 4 e le 10 ore successive alla sua deposizione in culla. Il piccolo non fu soccorso perché dalla culla non partì la chiamata al cellulare del parroco, come invece avvenne in altri due casi nel 2020 e nel 2023.
Le indagini hanno permesso di attestare attraverso alcune consulenze tecniche come quella culla non fosse “idonea” allo scopo e anche come, probabilmente a causa di una perdita di gas, dal climatizzatore che avrebbe dovuto riscaldare il locale venne fuori aria fredda. Il piccolo è stato ribattezzato ‘Angelo’ dal sindaco di Bari, Vito Leccese, ed è sepolto nell’ala del cimitero barese destinata ai più piccoli.
Torniamo ad occuparci del caso partendo da una scritta apparsa su un muro dello stesso quartiere in cui si trova la chiesa in cui viene invocato rispetto per don Antonio Ruccia.

