“Siamo preoccupati e stanchi di essere usati come bancomat”. Piero, di 46 anni, operaio del reparto Grf dell’ex Ilva di Taranto, teme che la situazione dello stabilimento possa “ulteriormente precipitare”.
“In questi ultimi anni – afferma – hanno pensato a fare assunzioni di dirigenti e direttori a go go mentre si continuava a prorogare la cassa integrazione. Oggi diciamo basta. Siamo stanchi e temiamo di essere arrivati al capolinea. Vogliamo una soluzione definitiva e chiediamo al governo di prendere realmente in mano le redini del azienda, pretendiamo il risarcimento con strumenti straordinari, prepensionamenti e legge speciale per Taranto”.
Qui, osserva l’operaio, “si vive con la paura di non tornare a casa per il rischio incidenti sul lavoro e non intravediamo un futuro. Invito tutti i lavoratori a fare gruppo e pretendere tutele, è arrivato il momento, il giocattolo si è rotto”.
Vernile sostiene che “in un paese normale, il ministro Urso dopo le dichiarazioni sui ritardi nelle autorizzazioni alla messa in sicurezza dell’Afo1 e la risposta a mezzo stampa della magistratura, si dovrebbe dimettere. Invece, si continua a giocare sulla e con la pelle dei lavoratori e dei cittadini di Taranto”.
Francesco, anche lui 46enne, operaio della Colata Continua dell’Acciaieria 2, evidenzia “la paura che domina tra i lavoratori per la situazione che si è venuta a creare con lo spegnimento dell’Afo1. Non si sa cosa accadrà all’impianto che già era in gravi condizioni. C’è incertezza anche per le dichiarazioni del ministro Urso per il quale Taranto potrebbe essere una futura Bagnoli. In questo momento bisogna capire lo Stato come interverrà nei nostri confronti”.
Il lavoratore ammette anche “tensioni a livello psicologico. Nello stabilimento ormai danni si vive quasi nel terrore. Come si andrà avanti? Apprendiamo ora che i fondi stanno finendo e non si prospetta alcun futuro se lo Stato non prenderà in mano la situazione per avere continuità ”.

