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“Mio figlio picchiato in carcere”, sindacato alla mamma: “Non é un angioletto poliziotti in buona fede”

24 Gennaio 2022
– Autore: Redazione Quinto Potere
24 Gennaio 2022
– Autore: Redazione Quinto Potere

“Picchiato dai poliziotti penitenziari”. La mamma di un giovane detenuto del carcere di Bari ci aveva chiamato disperata denunciando quanto le aveva raccontato il figlio. Secondo quanto raccontato dalla donna, il giovane sarebbe stato picchiato dalle guardie penitenziarie che lo avrebbero anche sedato.

La notizia non è passata inosservata al segretario regionale del Sappe, sindacato autonomo di Polizia penitenziaria, Federico Pilagatti, che ha scritto una nota in risposta a quanto denunciato dalla mamma.

Apprezziamo il chiarimento, ma come detto dallo stesso segretario, evidentemente il dolore della mamma era legittimo come la sua preoccupazione e quindi era nostro dovere intervenire subito senza aspettare che suonasse l’altra campana, che adesso suona e abbiamo il dovere di ascoltarla. Come sempre siamo a disposizione di chiunque per meglio chiarire la vicenda.

Nello stesso modo ci auguriamo che il Sappe e qualsiasi altro sindacato della polizia Penitenziaria per la onorabilità della categoria faccia domande anche ai propri iscritti dipendenti presso il carcere di Turi per comprendere appieno cosa sia successo al loro collega Umberto Paolillo, morto suicida in un contesto di vessazioni di ogni tipo a dir poco sconcertanti. Speriamo di ricevere anche in quel caso un auspicabile chiarimento.

Qui di seguito la lettera del segretario regionale del Sappe. 

Gentile redazione, sono il segretario regionale del SAPPE, sindacato autonomo polizia penitenziaria, Federico Pilagatti, mi permetto di scrivere sia come appartenente al Corpo di Polizia Penitenziaria, sia come dirigente sindacale che tutela la dignità e la correttezza nonché l’onesta dei lavoratori della polizia penitenziaria i quali, benché facciano un lavoro molto pericoloso e massacrante (per le note carenze organiche ed il sovraffollamento delle carceri), vengono ormai etichettati come aguzzini, picchiatori e chi più ne ha me metta, dimenticando che a fronte di qualche episodio non edificante che accade in carcere di cui siamo i primi a voler fare chiarezza, c’è ne sarebbero centinaia, anzi migliaia che raccontano di persone che passate dal carcere, anche per pochi giorni, che non smettono di ringraziare per l’umanità, la correttezza, la serietà che vi hanno trovato.

Devo dire che il grido di aiuto di una madre che teme per la salute del proprio figlio è un qualcosa che oltre alla cronaca tocca il cuore di tutte le persone che ritengono di averne uno, e quindi tanto di cappello di fronte al dolore di una mamma che si dispera così.

Però a fronte di questo legittimo dolore, chi ha grandi responsabilità nei confronti degli altri come il vostro quotidiano online, dovrebbe anche pensare alle conseguenze che tali notizie potrebbero avere sulle persone nonché sull’onorabilità di lavoratori che devono gestire la discarica sociale che si chiama ”carcere” (fatto di violenza, degrado, e quant’altro) di cui la società si ricorda solo durante le feste comandate, o per fare business (si perché esiste il business delle carceri) per poi rimuoverlo completamente.

Basta guardare come viene gestita per esempio l’assistenza sanitaria ai detenuti per cui si spendono tantissimi soldi, ma che poi risulta essere carente per non dire peggio. Una volta chiusi i manicomi che fine fanno quei poveri cristi con problemi psichiatrici? Avete indovinato in un carcere anche per piccoli reati poiché non sanno dove metterli.

Proprio per questo mi permetto di evidenziare che a fronte della denuncia di una madre legittima, quantomeno sarebbe stato corretto sentire l’altra campana, poiché non tutti i detenuti sono angioletti sfuggiti dal paradiso, e qualche piccola bugia o peggio forse sono in grado di dirla, anche se ciò provoca nei genitori disperazione. 

Proprio per questo e per ristabilire la verità ci siamo permessi di fare qualche domanda ai poliziotti penitenziari di Bari sul detenuto in questione e non ci sembra che al dolore vero e sincero di una madre possa corrispondere un comportamento cristallino da parte del figlio, per cui qualche dubbio sulla correttezza dello stesso. 

Infatti sarebbe risultato che il detenuto in questione non sarebbe stato “picchiato” non solo dagli agenti ma nemmeno dagli altri detenuti, nonostante un comportamento insofferente ed offensivo sia nei confronti dei poliziotti che degli altri detenuti.

Sicuramente lo stesso ha dei problemi che dovrebbe risolvere poiché sarebbe solito minacciare di auto lesionarsi con le lamette che vengono autorizzate per farsi la barba, nonché pretendere di violare il regolamento interno chiedendo, per esempio, di fare telefonate o videochiamate oltre il numero massimo consentito dalla legge.

Potrei dilungarmi con altri aspetti relativi al detenuto in questione che forse avrebbe diritto al trasferimento per essere più vicino alla famiglia, ma questo non fa parte delle responsabilità dei poliziotti di Bari, ma dalla ottusa ed inefficiente macchina dell’amministrazione penitenziaria che non è in grado di gestire in maniera adeguata delle situazioni che forse meriterebbero un attenzione ben diversa.

Invece di sparare a zero contro i poliziotti di Bari avrei consigliato alla mamma del detenuto di rivolgersi al magistrato di sorveglianza, al garante dei detenuti proprio per una verifica completa della situazione processuale e sanitaria del proprio figlio, al fine di ottenere quanto sperato e cioè il trasferimento in altro carcere .

Il Sappe sarà infine lieto di verificare unitamente a codesta Redazione gli sviluppi della denuncia che l’avvocato della signora sembra aver presentato per questi ”presunti maltrattamenti” del detenuto in questione, certo della buona fede, della serietà e della correttezza dei poliziotti penitenziari in servizio presso il carcere di Bari.