Sono Giuseppe e Giovanni Signorile, Nicola Primavera, Rodolfo Scardicchio, Marco e Franco Lopez, Mohamed Nefati i sette finiti in carcere alle prime luci dell’alba, dopo che la Polizia di Stato di Bari ha eseguito un’ordinanza di applicazione di una misura cautelare personale, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Bari, su richiesta di questa locale Direzione Distrettuale Antimafia. A riportarlo è La Gazzetta del Mezzogiorno.
I 7 sono ritenuti appartenenti al clan Strisciuglio, operante in varie zone di questo capoluogo e in diversi Comuni dell’area metropolitana barese. Ai domiciliari è finito Tommaso Peschetola, il gip ha rigettato la richiesta di misure per altre sei persone.
I destinatari delle misure cautelari sono considerati membri di una associazione a delinquere, armata, dedita al traffico ed alla commercializzazione di sostanza stupefacente, del tipo cocaina, eroina e marijuana, nei Comuni di Palo del Colle, Bari e Bitonto.
L’indagine, coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Bari e condotta dalla Squadra Mobile della Questura e dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, ha consentito di acquisire elementi probatori in ordine alla operatività di una struttura associativa organizzata facente capo all’associazione mafiosa Strisciuglio, dedita al commercio di sostanze stupefacenti nei citati Comuni, ma in particolare nella città di Palo del Colle ed avente una notevole “propensione” a ricorrere all’uso delle armi, ogniqualvolta fosse ritenuto necessario per dirimere controversie e contrasti con i clan avversari.
È stato documentato e riscostruito, in particolare, un raid armato, nel quartiere Japigia, finalizzato a sequestrare un appartenente ad un clan rivale, a scopo intimidatorio; nella circostanza, il commando non riuscì a portare a termine il tentativo di sequestro, ma, comunque, esplose numerosi colpi di arma da fuoco all’indirizzo dell’abitazione della vittima; proprio in relazione a questo episodio, è stata riconosciuta, nell’ambito del provvedimento giudiziario, l’aggravante del metodo mafioso, in quanto l’azione criminale è stata compiuta, con armi ed in pieno giorno, avvalendosi della forza e della capacità d’intimidazione derivanti dall’appartenenza al citato clan.
L’attività di indagine ha anche consentito di appurare come i membri del gruppo criminale usassero parlare, tra di loro, con un linguaggio criptico e convenzionale, al fine di confondere ed eludere eventuali attività investigative da parte delle Forze di Polizia. Il gergo adottato era, chiaramente, funzionale a distinguere il tipo di sostanza stupefacente, ma anche la relativa qualità e quantità; a mero titolo esemplificativo, in relazione al grado di purezza ed alla qualità, la sostanza stupefacente veniva indicata, di volta in volta, come “buona”, “bomba” o “dinamite”.
L’operazione di polizia giudiziaria rappresenta l’epilogo di una attività investigativa, svolta da personale della sezione Antidroga, della Squadra Mobile di Bari, condotta attraverso una poderosa attività tecnica d’intercettazione (telefonica ed ambientale), servizi di pedinamento e video-registrazione, perquisizioni, sequestri ed arresti in flagranza di reato; altrettanto determinante, al fine di corroborare il quadro probatorio, è stata l’attività sotto copertura, condotta da agenti undercover, i quali, fingendosi assuntori, sono riusciti a documentare e quindi acquisire elementi probatori in ordine a numerose cessioni di sostanza stupefacente, da parte dei pusher. Inoltre, il predetto compendio investigativo è stato, altresì, alimentato dalle dichiarazioni rese da vari collaboratori di Giustizia.

