Bari, indagine archiviata sull’ex magistrato Michele Nardi: era accusato di concussione

La gip di Bari Rossana de Cristofaro ha disposto l’archiviazione dell’indagine nei confronti dell’ex magistrato Michele Nardi, indagato per tentata concussione insieme al commercialista Massimiliano Soave (rinviato a giudizio dopo la riqualificazione del reato in tentato traffico di influenze illecite) per la presunta richiesta di denaro fatta nei confronti di un imprenditore per risolvere in suo favore una causa davanti alla commissione tributaria regionale pugliese.

I fatti risalgono al 2018, all’epoca Nardi era pm a Roma e componente del collegio giudicante della commissione tributaria, chiamata a decidere sui contenziosi cui era interessata la società dell’imprenditore.

Secondo l’accusa, all’imprenditore sarebbe stata chiesta una tangente da 300mila euro (100mila per ogni componente della commissione) che questi si rifiutò di versare. Una richiesta che, all’imprenditore, sarebbe stata riferita proprio da Soave. Il collegio, nel 2019, diede poi torto all’imprenditore, confermando una maxi multa nei suoi confronti disposta dall’agenzia delle entrate. La Cassazione, successivamente, annullò questa condanna.

La gip, accogliendo la richiesta di archiviazione formulata dalla pm Chiara Giordano, ha rilevato come non siano emerse “emergenze investigative concrete utili a poter ritenere dimostrata la effettiva sussistenza di una previa intesa tra Nardi e Soave, diretta a costringere» l’imprenditore «ad elargire somme di denaro in favore del collegio giudicante della commissione tributaria di Bari».

A sostegno dell’accusa, infatti, ci sarebbero solo le dichiarazioni dell’imprenditore, che però avrebbe appreso «del diretto coinvolgimento del Nardi nella vicenda solo sulla scorta di quanto a lui rappresentato dal Soave».

Nardi e Soave, come emerso dalle indagini, si conoscevano, e l’ex magistrato – da pm – avrebbe assegnato «numerosi» incarichi al commercialista, l’ultimo dei quali nel 2016. Un dato che, per la gip, getta «forti ombre sulla trasparenza della vicenda in esame», ma senza costituire «prova di una reale concertazione criminosa tra i due».

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