Bari, Vitin l’Enèl prova a recuperare il maxi tesoro confiscato: ci sono Rolex e appartamenti a Londra

Vito Martiradonna, l’ex cassiere del clan Capriati detto Vitin l’Enèl, sta cercando di salvare il tesoretto accumulato in tutti questi anni e di far annullare la confisca dei beni disposta tre anni fa dopo la definizione delle pene patteggiate al termine del processo in cui era coinvolto sulle scommesse abusive.

Tra i beni sequestrati alla famiglia anche due appartamenti a Londra, Rolex, gioielli, borse di Louis Vuitton, di Chanel, di Hermes e conti correnti vari. Un tesoretto scoperto dai finanzieri del GICO (Gruppi d’Investigazione sulla Criminalità Organizzata) nell’ambito dell’inchiesta che nel 2018 portò in carcere 22 persone, accusate di aver messo in piedi una vera e propria holding delle scommesse sportive tale da generare un giro d’affari di un miliardo di euro e con ramificazioni a Londra, Malta e Miami. A capo ci sarebbe stato proprio Vitin l’Enèl, appoggiato tra gli altri anche da Tommaso Parisi, figlio del boss di Japigia Savino.

Vito Martiradonna ha patteggiato 2 anni, i figli Michele e Mariano rispettivamente 3 anni e 2 anni e 8 mesi, Tommy Parisi 1 anno e 10 mesi, Giovanni Memola 2 anni e 8 mesi. Con la definizione del patteggiamento, i beni possono finire ora nelle mani dello Stato e la famiglia Martiradonna ha giocato la carta dell’incidente di esecuzione, ritenendo come il patteggiamento Essendo diventate definitive le pene patteggiate, questi beni stanno ormai per diventare di proprietà dello Stato sia stato applicato in violazione delle norme di legge e che vada annullata la confisca di beni.

Confisca revocata a Bari, restituiti beni per 10 milioni di euro alla famiglia Fornelli: ci sono anche appartamenti e ville

Beni immobili e quote societarie per un valore complessivo di oltre 10 milioni di euro, sequestrati nel 2003 e confiscati nel 2009, vengono restituiti ai legittimi proprietari dopo che la Corte d’appello di Bari ha revocato il decreto di confisca emesso dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Bari. La sentenza d’appello, che ha capovolto quella di rigetto della revoca della confisca emessa dal Tribunale nel 2022, è diventata definitiva dopo che la Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso del procuratore generale.

I beni erano di proprietà di Mario Coluccia, di 58 anni, del quale si sono perse le tracce nell’aprile 2003, all’epoca ritenuto vicino al gruppo criminale che fa capo alla famiglia Fornelli. Tra i beni che stanno per essere restituiti alla moglie Nicoletta Fornelli, curatrice dello scomparso Coluccia, vi sono sette appartamenti a Bari in via Amendola e in via Fanelli, sette locali commerciali a Bari e Foggia, tra cui un capannone industriale, due ville nel complesso residenziale di Rosa Marina nel Brindisino, due palazzine a Casamassima (Bari) e un appartamento a Lecce.

Secondo il ricorso presentato dal legale di Nicoletta Fornelli, avv. Francesco Racanelli, e accolto dai giudici di secondo grado, l’annullamento della misura personale dell’obbligo di soggiorno e della confisca va riconosciuto perchè Coluccia, in quanto scomparso, non ha potuto non ha mai ricevuto la notifica si alcun atto e non ha mai potuto difendersi e non si può procedere nei confronti di un soggetto che risulta essere inesistente. L’illegittimità del provvedimento di confisca, quindi, è ‘ab origine’ perché né il provvedimento di sequestro preventivo del novembre 2003 (emesso sette mesi dopo la scomparsa) né la confisca del novembre 2009 sono stati notificati all’interessato per il quale è in corso la dichiarazione di morte presunta. Questo errore logico ha viziato l’intero provvedimento di confisca che è stato ritenuto dai giudici “illegittimo ab origine”.