Bari, spruzza in faccia spray al peperoncino dopo lite condominiale a San Girolamo: donna a processo

Sarà processata per lesioni aggravate una donna barese accusata di avere aggredito con lo spray al peperoncino una vicina di casa durante una lite condominiale. Lo spay avrebbe causato alla vittima problemi alla vista che durerebbero da oltre cinque anni.

I fatti risalgono al dicembre 2019, in una palazzina del quartiere San Girolamo di Bari nella quale, da tempo, erano in corso liti tra le residenti di due appartamenti per le continue infiltrazioni d’acqua da una casa all’altra.

Un giorno, all’ora di pranzo, la proprietaria dell’appartamento in cui si verificavano le infiltrazioni avrebbe chiesto per l’ennesima volta all’altra, dopo averla incontrata, di trovare una soluzione. In risposta, la condomina avrebbe preso uno spray al peperoncino spruzzandole in faccia il contenuto.

Trasportata in ospedale, la donna fu dimessa con diversi eritemi e con la prescrizione di una terapia farmacologica a cui è ancora sottoposta, consistente nella somministrazione continua di colliri lubrificanti e antinfiammatori.

La presunta autrice dell’aggressione è stata rinviata a giudizio per lesioni personali, la presunta vittima si è costituita parte civile nel processo ed è assistita dall’avvocato Roberto Loizzo.

 

Nel corso dell’ultima udienza è stata ascoltata un’altra vicina, intervenuta per fermare l’aggressione, che avrebbe confermato la dinamica dei fatti. Nella prossima udienza del 29 aprile è prevista la requisitoria del pubblico ministero.

Processo a Bari, Olivieri ammette di aver dato soldi in cambio di voti: “Dovevo indebolire il centrodestra nel 2019”

“Chiedo scusa alla città, ho sbagliato”. Lo ha detto in aula a Bari Giacomo Olivieri, ex consigliere regionale in carcere dallo scorso 26 febbraio per scambio elettorale politico-mafioso ed estorsione, nel corso del suo interrogatorio tuttora in corso davanti al gup Giuseppe De Salvatore dove si celebra il processo a lui e ad altri 107 imputati con rito abbreviato.

Olivieri, secondo quanto emerso finora (l’udienza è a porte chiuse), avrebbe ammesso di aver sbagliato ad aver dato soldi in cambio di voti, ha confermato – come già fatto durante il primo interrogatorio – di non conoscere i legami con i clan delle persone con cui ha fatto la campagna elettorale del 2019 (in particolare di Tommaso Lovreglio, nipote del boss del quartiere Japigia ‘Savinuccio’) e ha anche sostenuto di aver rinunciato allo stipendio e all’autista una volta diventato presidente della Multiservizi, la municipalizzata barese che si occupa del verde.

“Il mio ruolo era di indebolire il centrodestra”, le sue parole.  Olivieri sta ricostruendo gli accordi presi durante i mesi precedenti alle comunali di quell’anno e ha anche ammesso di aver regalato buoni pasto e buoni benzina, oltre che una moto, per l’organizzazione della campagna elettorale.

L’ex consigliere fu arrestato con altri 130 nell’ambito dell’inchiesta ‘Codice interno’ di Dda e squadra mobile di Bari, che ha svelato presunti intrecci tra mafia, politica e imprenditoria in città. Olivieri, per l’accusa, nel 2019 avrebbe raccolto e pagato i voti dei clan Parisi, Striusciuglio e Montani di Bari per favorire l’elezione al consiglio comunale di Bari della moglie Maria Carmen Lorusso, anche lei imputata.

Dopo l’esame in corso dei suoi difensori Gaetano e Luca Castellaneta, l’interrogatorio potrebbe durare fino al pomeriggio. Olivieri è arrivato a Bari la mattina del 12 febbraio dal carcere di Lanciano, dove è detenuto in regime di alta sicurezza.

Processo Codice Interno, Olivieri ascoltato a Bari. L’ex consigliere chiede scusa alla città: “Ho sbagliato”

“Chiedo scusa alla città, ho sbagliato”. Lo ha detto in aula a Bari Giacomo Olivieri, ex consigliere regionale in carcere dallo scorso 26 febbraio per scambio elettorale politico-mafioso ed estorsione, nel corso del suo interrogatorio tuttora in corso davanti al gup Giuseppe De Salvatore dove si celebra il processo a lui e ad altri 107 imputati con rito abbreviato.

Olivieri, secondo quanto emerso finora (l’udienza è a porte chiuse) avrebbe ammesso di aver sbagliato ad aver dato soldi in cambio di voti, ha confermato – come già fatto durante il primo interrogatorio – di non conoscere i legami con i clan delle persone con cui ha fatto la campagna elettorale del 2019 (in particolare di Tommaso Lovreglio, nipote del boss del quartiere Japigia ‘Savinuccio’) e ha anche sostenuto di aver rinunciato allo stipendio e all’autista una volta diventato presidente della Multiservizi, la municipalizzata barese che si occupa del verde.

Olivieri sta ricostruendo gli accordi presi durante i mesi precedenti alle comunali di quell’anno e ha anche ammesso di aver regalato buoni pasto e buoni benzina, oltre che una moto, per l’organizzazione della campagna elettorale.

L’ex consigliere fu arrestato con altri 130 nell’ambito dell’inchiesta ‘Codice interno’ di Dda e squadra mobile di Bari, che ha svelato presunti intrecci tra mafia, politica e imprenditoria in città. Olivieri, per l’accusa, nel 2019 avrebbe raccolto e pagato i voti dei clan Parisi, Striusciuglio e Montani di Bari per favorire l’elezione al consiglio comunale di Bari della moglie Maria Carmen Lorusso, anche lei imputata.

Ora è in corso l’esame da parte dei suoi difensori Gaetano e Luca Castellaneta, l’interrogatorio potrebbe durare fino al pomeriggio. Olivieri è arrivato questa mattina a Bari dal carcere di Lanciano, dove è detenuto in regime di Alta sicurezza.

Processo Codice Interno, è il giorno di Giacomo Olivieri: l’ex consigliere regionale torna a parlare in aula a Bari

Giacomo Olivieri ha lasciato il carcere di Lanciano ed è tornato a Bari per rispondere in aula alle domande dei pm nell’ambito del processo Codice Interno. L’ex consigliere regionale, a distanza di un anno dall’arresto, avvenuto il 26 febbraio scorso, è accusato di voto di scambio politico-mafioso e concussione.

Oggi sarà interrogato e le previsioni parlano di un esame fiume. Si trova a processo con il rito abbreviato, l’accusa ha chiesto per lui la condanna a 10 anni di reclusione con le accuse di scambio elettorale politico-mafioso ed estorsione.

I pm Marco D’Agostino e Fabio Buquicchio hanno evidenziato “il ruolo di primo piano” giocato da Olivieri nel reperire voti mafiosi in tre diversi clan della città nel 2019 per ottenere l’elezione al Consiglio comunale di Bari della moglie Maria Carmen Lorusso, oltre che la capacità di piegare “tutto e tutti” alle proprie “spregevoli e bieche esigenze di profitto personale”, anche nella vicenda dell’estorsione all’ex presidente della Banca Popolare di Bari.

Omicidio Sadiku a Binetto, il 37enne bitontino Francesco Colasuonno a processo: è accusato di omicidio

La Dda di Bari ha chiesto e ottenuto il processo immediato nei confronti di Francesco Colasuonno, il 37enne bitontino arrestato a dicembre con l’accusa di essere il presunto responsabile dell’omicidio di Edwin Sadiku, avvenuto il 3 febbraio 2017 a Binetto.

La vittima, di origine albanese e appartenente al clan Cipriano, aveva manifestato la volontà di voler collaborare con la giustizia. Sadiku fu raggiunto da 12 colpi d’arma da fuoco. Il processo è fissato per il prossimo 8 aprile davanti alla Corte d’Assise.

Intervento chirurgico in ritardo di un mese, 62enne muore: primario e due medici del Miulli a processo

Il direttore del reparto di Gastroenterologia ed Endoscopia dell’ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti (Bari) e due dirigenti medici sono stati rinviati a giudizio, a Bari, con l’accusa di omicidio colposo in ambito sanitario in relazione alla morte del 62enne barese Paolo de Scisciolo, avvenuta nella struttura lo scorso 23 aprile. La decisione è stata presa oggi dal gup Francesco Vittorio Rinaldi.

A processo – che inizierà il 2 febbraio 2026 davanti alla giudice Valentina Tripaldi – sono dunque finiti il direttore del reparto, Francesco Decembrino, e i medici Nicola Castellaneta e Domenica Firenti, avvicendatisi nei turni di servizio durante la degenza di de Scisciolo, come si legge nel capo d’imputazione.

Secondo quanto ricostruito dalla pm Silvia Curione, che ha coordinato le indagini, nonostante la colonscopia di controllo (il paziente era affetto da colite, ndr) avesse evidenziato la necessità di un intervento chirurgico quale unica alternativa terapeutica possibile alla luce del fallimento della terapia farmacologica, i medici avrebbero omesso ‘di dare indicazione di intervento di colectomia, poi effettuato ‘inutilmente il 19 aprile, ‘proseguendo il trattamento farmacologico.

In questo modo, avrebbero determinato ‘un grave e progressivo peggioramento clinico, sino all’insorgenza del megacolon tossico che determinava la morte, avvenuta per ‘shock settico secondario a megacolon tossico correlato ad una malattia infiammatoria del colon’.

La necessità dell’intervento chirurgico sarebbe stata nota ‘quantomeno a partire dal 26 marzo scorso, ma l’intervento fu appunto eseguito quasi un mese dopo. I fratelli della vittima sono assistiti dall’avvocato Mario Malcangi.

Corruzione in Puglia, a processo i fratelli Pisicchio: Regione e Comune di Bari si costituiscono parti civili

La Regione Puglia e il Comune di Bari sono state ammesse come parti civili nel processo a carico dell’ex assessore regionale Alfonsino Pisicchio, del fratello Enzo e di altri 12 imputati accusati, a vario titolo, di corruzione, turbativa d’asta, falso, truffa, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ed emissione di fatture false.

A deciderlo è stato il gup di Bari Nicola Bonante che ha respinto le eccezioni presentate dai difensori di alcuni imputati. Il Comune, che si è costituito nei confronti dei due Pisicchio, dell’ex responsabile unico del procedimento Francesco Catanese e dell’imprenditore Giovanni Riefoli, chiederà oltre un milione di euro tra danni d’immagine e patrimoniali.

La Regione si è costituita nei confronti di Alfonsino Pisicchio e di alcuni altri imputati, ma non di Enzo. Ad Alfonsino Pisicchio sarà chiesto un risarcimento dei danni non patrimoniali di 50mila euro.

Nella prossima udienza del 9 aprile, su richiesta di alcuni difensori, si discuterà anche di un’eccezione relativa alla genericità di alcuni capi d’imputazione.

Processo Codice Interno, Giacomo Olivieri torna a parlare: interrogatorio in presenza fissato il 12 febbraio

Giacomo Olivieri, a distanza di un anno dall’arresto, tornerà a parlare. Mercoledì 12 febbraio sarà infatti interrogato durante il processo in abbreviato. L’ex consigliere regionale è al centro dell’inchiesta Codice Interno ed è finito in carcere lo scorso 26 febbraio.

La Dda di Bari ha chiesto per lui la condanna a 10 anni di reclusione con le accuse di scambio elettorale politico-mafioso ed estorsione. I pm Marco D’Agostino e Fabio Buquicchio hanno evidenziato “il ruolo di primo piano” giocato da Olivieri nel reperire voti mafiosi in tre diversi clan della città nel 2019 per ottenere l’elezione al Consiglio comunale di Bari della moglie Maria Carmen Lorusso, oltre che la capacità di piegare “tutto e tutti” alle proprie “spregevoli e bieche esigenze di profitto personale”, anche nella vicenda dell’estorsione all’ex presidente della Banca Popolare di Bari.

Olivieri, difeso dagli avvocati Gaetano e Luca Castellaneta, sostiene di essersi rivolte a quelle persone per rapporti passati e non per la loro riconducibilità alle organizzazioni mafiose. Una tesi che a maggio scorso non ha convinto il procuratore Rossi durante l’interrogatorio.

Evasione dal carcere di Nuoro, processo immediato per l’ex boss Marco Raduano: in 8 alla sbarra

Giudizio immediato per Marco Raduano, ex boss della mafia di Vieste (Foggia) dal marzo del 2024 collaboratore di giustizia, e per Gianluigi Troiano, suo ex braccio destro, arrestato il 31 gennaio del 2024 a Granada (Spagna) divenuto anche lui un ‘pentito’.

Insieme a loro altri sei viestani accusati, a vario titolo, di aver favorito la latitanza dell’ex boss Raduano, evaso dal carcere di massima sicurezza Badu e Carros il 24 febbraio del 2023, calandosi dal muro di cinta.

Fu catturato quasi un anno più tardi, il primo febbraio del 2024, in Corsica mentre stava andando a cena in un ristorante. Lo ha deciso il gup del tribunale di Bari Gabriella Pede che ha accolto la richiesta del della Dda. Il processo si svolgerà a Foggia: la prima udienza è fissata il 10 aprile prossimo.
Dopo l’arresto di Troiano e Raduano, divenuti collaboratori di giustizia, gli investigatori ricostruirono il traffico di stupefacenti e il favoreggiamento della latitanza di Raduano.

I due collaboratori di giustizia, Raduano e Troiano, sono accusati di traffico transazionale di droga e nello stesso procedimento Raduano e altri due indagati sono accusati di aver incendiato, nell’ottobre del 2023 a Vieste, l’auto della madre di un collaboratore di giustizia.

Secondo l’accusa, gli altri sei indagati avrebbero fornito e garantito a Raduano appoggi logistici e coperture, ospitalità anche per il tramite di terzi, apparecchi telefonici anche criptati, auto, denaro e informazioni utili ad eludere eventuali i controlli. Prima del 10 aprile gli indagati potrebbero chiedere il giudizio abbreviato. Parti offese il Ministero della Giustizia, il Comune di Vieste, il Ministero della Salute e la vittima dell’atto incendiario.