Carabiniere ucciso a Francavilla, arrestato dopo duplice conflitto a fuoco: Giannattasio chiede il test dello stub

Ha chiesto di essere sottoposto al test dello stub, che consente di verificare l’eventuale presenza di residui di polvere da sparo sulle mani di un sospettato, Camillo Giannattasio, 67 anni, di San Giorgio Jonico, arrestato ieri dalla polizia dopo un conflitto a fuoco con la polizia nelle campagne di Grottaglie.

L’uomo, fino a ieri incensurato, è stato bloccato durante la fuga insieme a Michele Mastropietro, 59enne di Carosino con precedenti penali, rimasto ucciso durante l’intervento delle forze dell’ordine.

I due erano in fuga dopo l’uccisione del brigadiere capo Carlo Legrottaglie, avvenuto nella mattinata di ieri a Francavilla Fontana durante un controllo. A quanto si è appreso il test dello stub non è stato disposto in quanto gli inquirenti al momento non lo ritengono necessario. L’avv. Luigi Danucci, difensore di Gianattasio, ha fatto mettere a verbale la richiesta del suo assistito.

Il 67enne attualmente è in stato di fermo per detenzione illegale di armi e munizioni. Ieri sera la polizia ha trovato nella ferramenta gestita dall’uomo una serie di armi, tra cui una pistola Beretta calibro 9×21 con matricola cancellata, due fucili a canne mozzate, pistole a salve, una lanciarazzi, coltelli, un quantitativo di munizioni e diversi telefoni cellulari, ora al vaglio degli inquirenti.

L’udienza di convalida non è ancora stata fissata. La Procura di Brindisi mantiene la titolarità dell’indagine sull’omicidio del militare. Sono in corso approfondimenti sull’origine delle armi e sul possibile coinvolgimento dell’arrestato in attività criminali più ampie.

 

Cadavere semicarbonizzato trovato a Canosa, arriva la conferma del Dna: è il 26enne Francesco Diviesti

L’esame del Dna compiuto sul corpo semicarbonizzato trovato nelle campagne di Canosa di Puglia e Minervino Murge lo scorso 29 aprile appartiene a Francesco Diviesti, il parrucchiere di 26 anni di Barletta, di cui non si avevano più notizie dal 25 aprile.

A confermarlo all’Ansa, è il legale della famiglia, l’avvocato Michele Cianci. “Gli accertamenti del Dna eseguiti dalla dottoressa Sara Sablone dell’istituto di Medicina legale del Policlinico di Bari hanno purtroppo provato che quel cadavere è di Francesco”, dichiara evidenziando che “ora aspettiamo che possano essere quanto prima restituiti i suoi resti ai genitori che sono distrutti dal dolore”.

Proprio il papà e la mamma del 26enne avevano riconosciuto un bracciale e una collana ritrovati sul cadavere rivelando agli inquirenti che erano gli stessi indossati dal figlio. Secondo quanto ricostruito finora, la vittima sarebbe stata raggiunta da diversi colpi di arma da fuoco prima che il suo corpo venisse dato alle fiamme. A coordinare il lavoro degli agenti della squadra mobile della questura di Andria è la Direzione distrettuale antimafia di Bari che ha aperto un fascicolo di inchiesta per omicidio aggravato dal metodo mafioso.

Al momento sono indagate cinque persone di età compresa tra i 25 e i 57 anni. Si tratta di tre uomini di Barletta, di un uomo di Minervino (proprietario della villa non lontana dal rudere in cui è stato trovato il cadavere e finita sotto sequestro), e di un cittadino di nazionalità albanese. All’attenzione degli investigatori c’è anche una rissa in cui il 26enne sarebbe stato coinvolto poche ore prima si sparire, e alla quale avrebbero partecipato anche due dei barlettani indagati, già noti alle forze dell’ordine. Il 26enne, che non aveva precedenti penali, la sera del 25 aprile era uscito di casa intorno alle 20:30 per poi entrare verso mezzanotte nel locale in cui lavorava con il padre nel centro di Barletta e lasciare il suo monopattino. A raccontarlo, le immagini regstrate dai sistemi di videosorveglianza della zona.

Neonato trovato morto nella culla termica a Bari, esami sul Dna: si cerca di rintracciare la madre

In corso gli esami sul Dna del neonato trovato morto nella culla termica della chiesa San Giovanni Battista il 2 gennaio scorso. Al medico legale è stato chiesto, nell’ambito dell’inchiesta aperta per fare chiarezza sul caso, di effettuare la comparazione del Dna del piccolo con quelli inseriti nelle banche dati della polizia. L’obiettivo è quello di identificare la madre.

Le indagini di Procura e squadra mobile di Bari infatti vanno avanti anche per abbandono di minori a carico di ignoti. Per la morte del bambino sono indagati per omicidio colposo il parroco, don Antonio Ruccia, e il tecnico Vincenzo Nanocchio, che installò la culla nel 2014 e lo scorso 14 dicembre ne cambiò l’alimentatore.

Le consulenze svolte in questi giorni sulle apparecchiature del locale in cui si trova la culla termica hanno mostrato il mancato funzionamento del materassino della culla (chiamato ‘tappetino’), che avrebbe dovuto far attivare l’allarme telefonico collegato al cellulare del parroco una volta rilevato il peso del bambino, e anche del climatizzatore che, a causa di una perdita di gas, ha emesso aria fredda e non calda una volta rilevata la presenza di una persona nella stanza in cui si trova la culla.

Microcamere e auricolari all’esame di guida, a Bari la banda delle patenti facili: in 75 ora devono rifare l’esame

Il riferimento è all’organizzazione delle patenti facili vicina al clan di Savinuccio Parisi e messa in piedi dal pregiudicato Battista Lovreglio, luogotenente del boss. Una vera e propria ditta di famiglia visto che, dopo l’arresto, Lovreglio  l’aveva affidata a figli e nipoti.

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Nel baratro dell’eroina, tolto il coltello a Giovanni: un rischio in meno

Siamo tornati da Giovanni Pulp Fiction dopo la rissa con alcuni extracomunitari davanti alla stazione di Bari per la solita bagarre legata al parcheggio. Questa volta è disarmato, il coltellino infatti non c’è più. Domani Giovanni dovrà sottoporsi al tossicologico, l’ultimo della serie prenotata, in attesa di capire se dovrà farne altri. La speranza è che questa volta non si dimentichi dell’appuntamento. Ci penseremo anche noi a questo giro, anche se tenergli testa è davvero dura.

Bari, sesso e denaro per superare l’esame. Assolto ex funzionario della Corte di Appello: “Il fatto non sussiste”

La Corte di Appello di Bari ha assolto “perché il fatto non sussiste” l’ex funzionario della Corte di Appello di Bari, attualmente in pensione, Angelo Scivetti, accusato di aver chiesto prestazioni sessuali e denaro ad una aspirante avvocatessa, promettendole in cambio – era l’accusa – il superamento delle prove orali dell’esame di abilitazione professionale.

Il fatto contestato risale al 2014. Scivetti, difeso dagli avvocati Mariano Fiore e Michele Laforgia, in primo grado era stato condannato alla pena di due anni di reclusione per tentata induzione indebita a dare o promettere utilità, per aver tentato di indurre la donna – gli contestava la Procura – a ripagare, con prestazioni sessuali o con 10mila euro, l’aiuto che il funzionario avrebbe potuto fornirle per superare il secondo step dell’esame da avvocato, non accettato dalla candidata.
I giudici dell’appello hanno anche confermato l’assoluzione del co-imputato, Alfredo Fazzini, difeso dall’avvocato Rosario Cristini, che era ritenuto il tramite tra Scivetti e la donna.

In primo grado alla presunta vittima, costituita parte civile, il Tribunale aveva riconosciuto il risarcimento danni quantificato in 10mila euro. Con l’assoluzione sono state revocate le statuizioni civili e la donna è stata anche condannata al pagamento delle spese processuali.