Bari, a 80 migranti chiesto di lasciare il Cara di Palese entro 5 giorni. Lettera a Leccese: “Non sanno dove andare”

“Da giorni una ottantina di migranti titolari di protezione internazionale e ospitati nel Cara di Bari-Palese sono preoccupati, disorientati, e confusi a causa di una informazione che hanno ricevuto con la quale viene loro intimato di abbandonare, entro cinque giorni, il centro di prima accoglienza per richiedenti asilo”.

Lo denuncia in una nota il comitato ‘Io accolgo Puglia’, composto da associazioni e sindacati, che ha inviato una lettera aperta al sindaco, Vito Leccese, e al prefetto, Francesco Russo, chiedendo di “operare perché queste persone possano accedere al circuito della seconda accoglienza come è previsto dalla normativa”.

La richiesta è anche di “un incontro congiunto per chiarire la nostra posizione e per cercare insieme soluzioni condivise che vadano nella direzione della tutela dei diritti e del rispetto della Costituzione”.

Il comitato evidenzia che della sorte dei migranti, una volta fuori dal Cara, “non sembra importare gran che ad alcuno: considerando che si tratta di persone completamente prive di autonomia in quanto impossibilitate quasi del tutto a trovare un lavoro che dia un minimo sostegno nelle more della lunga procedura di riconoscimento”, per questo la decisione “ha il sapore di una condanna permanente alla marginalizzazione”.

Il comitato chiarisce che i migranti “avrebbero come primo problema quello di individuare un tetto per passare la notte”, subito dopo “quello di procurarsi i beni adeguati a soddisfare bisogni elementari di base funzionali alla propria stessa sussistenza”, con il rischio di “aumento della precarietà delle condizioni di vita, creazione di una situazione di potenziale devianza, produzione di un contesto sociale escludente e induzione alla formazione di un clima ostile nei confronti di chi fugge da guerre, violenze e persecuzioni”.

Lettera choc al Politecnico, catena di solidarietà tra studenti. La ministra Bernini: “Giovani fragili vanno ascoltati”

“Il bigliettino dello studente barese appeso all’albero di Natale ci scuote e ci ricorda un dovere collettivo fondamentale: l’ascolto”. Questo è il commento della ministra dell’università e della ricerca, Anna Maria Bernini, sul caso del ragazzo del Politecnico di Bari e della lettera appesa all’albero di Natale in cui confessava il suo stato di sofferenza e solitudine. “Il disagio giovanile e studentesco è una realtà che non possiamo ignorare. Il rischio più grande, da evitare ad ogni costo, è che queste difficoltà restino nell’ombra, invisibili – ha aggiunto -. Le fragilità dei giovani, amplificate dalla pandemia, richiedono attenzione e risposte concrete”.

La notizia ha fatto il giro del web e dei social dopo l’appello diffuso sui social da una professoressa, allarmata dal peso di quelle parole. La mamma ha riconosciuto il figlio, autore del messaggio, mettendosi in contatto direttamente con la stessa docente. Ma in pochi giorni si è innescata una catena di solidarietà senza precedenti. Tanti suoi colleghi di studio si sono fatti avanti con messaggi e lasciando il proprio numero di telefono. “Non sei solo. Chiedi aiuto! Chiamaci, noi ci siamo”, recitano gli altri fogli appesi all’albero di Natale.

“Non ho più voglia di vivere”, lettera choc al Politecnico di Bari: mamma riconosce il figlio e contatta la docente

L’autore della lettera anonima e straziante trovata sull’albero di Natale posizionato all’interno del Politecnico di Bari è stato individuato. La storia ha scosso la nostra community e i social. Tutto è partito dal post pubblicato sui social dalla professoressa Anna Castellano con la speranza di rintracciare l’autore della lettera anonima. “Caro Babbo Natale, vivere è diventato estenuante e non ho molta voglia di farlo. Se possibile, vorrei che ponessi fine alle mie sofferenze. Vorrei potermi addormentare e non svegliarmi più, non essere mai esistito, rimanere un ricordo lontano e vago che con il passare del tempo svanisca come tutti gli altri. Non ho più voglia di combattere per ciò che desidero. Please, let me fly away”, le parole contenuto all’interno.

In poche ore, grazie al passaparola, la mamma è riuscita a capire che era stato suo figlio a scriverla ed è riuscita a mettersi in contatto con la docente. Il Politecnico non ha commentato e confermato ufficialmente la storia vista la delicatezza del tema.

Bari, lettera anonima al Politecnico: “Non ho più voglia di vivere”. Docente cerca lo studente per aiutarlo

Inizia così il post pubblicato sui social dalla professoressa Anna Castellano con la speranza di rintracciare l’autore della lettera anonima. “Caro Babbo Natale, vivere è diventato estenuante e non ho molta voglia di farlo. Non ho più voglia di combattere per ciò che desidero. Please, let me fly away”, si legge all’interno della lettera.

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Omicidio Petrachi, l’ergastolano Camassa scrive ai due figli dal carcere: “Sono innocente mi hanno tolto la vita”

Una lettera indirizza ai due figli, Greta e Davide, come “testimonianza di un uomo piegato dal dolore per una condanna infamante”. A pochi giorni dall’udienza sulla richiesta di revisione del processo che potrebbe riscrivere il corso del suo destino Giovanni Camassa, l’agricoltore salentino di 57 anni condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio di una sua conoscente, Angela Petrachi, dal carcere di Lecce manda ai figli il suo lungo sfogo, ribadendo la sua innocenza.

“Un clamoroso errore giudiziario mi ha tolto la vita, la libertà, la dignità e l’onorabilità che meritavo e merito – si legge -. Aspetto con l’ansia e il terrore l’esito della revisione del mio processo, ma non mi aspetto nulla, non ho fiducia che ad un poveraccio come me la Giustizia sappia restituire quanto ingiustamente mi è stato portato via. Per la legge sono un assassino, condannato al carcere a vita senza una minima prova”.

Angela Petrachi 31 anni, di Melendugno, madre di due figli, scomparve il 26 ottobre del 2002. Fu trovata uccisa, torturata e brutalmente seviziata l’8 novembre successivo in un boschetto di Borgagne. Sul cadavere e sugli slip non è stato trovato il Dna di Camassa ma quello di un altro uomo. Camassa si è sempre dichiarato innocente. Assolto in primo grado per “non aver commesso il fatto”, poi condannato in via definitiva nel 2014 per omicidio aggravato, violenza sessuale e vilipendio di cadavere. I legali dell’agricoltore avevano chiesto la revisione del processo sulla base di nuove emergenze probatorie e nel dicembre 2023 la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso stabilendo che a decidere sull’ammissibilità della richiesta di revisione del processo sia la Corte d’assise d’appello di Catanzaro che ha fissato l’udienza per il 2 dicembre.

“Non oso sperare nella giustizia per Angela – conclude Camassa – perché da più di 20 anni io sono rinchiuso qui mentre il vero assassino è libero come l’aria e non deve fare i conti se non con Dio o la sua coscienza se mai ne ha avuta una”. Infine la chiosa per i figli: ” Lotto ancora, grido la mia innocenza per voi. Pregate per me. Con tanto amore il vostro papà”.

Minacce di morte alla giudice Mariano e alla pm Ruggiero, lettera dal carcere: “Ho sbagliato e devo pagare”

Il detenuto Pancrazio Carrino è accusato delle minacce di morte, aggravate da modalità mafiosa, ai danni di Maria Francesca Mariano, gip di Lecce, e di Carmen Ruggiero, pubblico ministero antimafia. Entrambe sono sotto scorta dopo le lettere intimidatorie ricevute e le tentate aggressioni durante gli interrogatori.

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Aesthetic Franco, l’addio strappalacrime: “Vittima di razzismo costretto a lasciare l’Italia”

Un buongiornissimo diverso dal solito con la clamorosa e irreale lettera strappalacrime pubblicata sui social da Aesthetic Franco. Centinaia di persone ce l’hanno inviata, evidenziando anche una certa soddisfazione nel leggerla. Dalle accuse di razzismo alle mancate scuse verso i pazienti rovinati, ecco il nostro commento.

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Allarme a Casamassima, la lettera di una mamma: “Fate attenzione c’è un signore che adesca i ragazzini”

“Ciao mamme, vi racconto ciò che è successo a mio figlio venerdì alle 16.50 sull’isolato prima dell’Albero Magico. Un signore brizzolato con barbetta e viso rosso scuro, età circa 60 anni e altezza 1,70 circa, corporatura un po’ robusta, con un’auto scura aveva il cofano aperto e ha chiesto aiuto a mio figlio (ovviamente era da solo) per dargli una mano e prendere una carta dal buco che era all’interno del cofano, spiegando che aveva bisogno di una mano piccola. Gli ha anche detto di togliersi il giubbotto per non rovinarlo, tutto in maniera da signore molto gentile e gli ha chiesto anche il telefono. A quel punto mio figlio si è insospettito però purtroppo si è fidato. Per fortuna in quel momento ho videochiamato mio figlio e ha aperto la chiamata facendo vedere il signore, che subito si è voltato e mandato via mio figlio”.

Inizia così la denuncia di una mamma di Casamassima diventata virale sui social. La lettera è stata diffusa per mettere tutti in guardia circa la presenza di un adulto che tenterebbe di adescare dei ragazzini. “L’accaduto è stato segnalato ai carabinieri, purtroppo se non ci sono altre segnalazioni non possono incominciare delle ricerche. Per cortesia chiedete ai vostri figli e segnalate ai carabinieri – si legge -. Pare che abbia usato la stessa tecnica con due ragazzini vicino l’ex ospedale ma loro gli hanno risposto male e non ci hanno fatto più caso. Raccontando l’accaduto di mio figlio hanno detto che era successo anche a loro. Comprendo che l’errore è stato di mio figlio, ma secondo lui stava aiutando un adulto gentile in difficoltà e non voleva essere maleducato. VI CHIEDO DI PRESTARE ATTENZIONE E SEGNALARE AI CARABINIERI ALTRIMENTI LORO NON POSSONO FARE NULLA. Ho scritto in forma anonima solo per proteggere mio figlio”.